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Collezionismo e Umanesimo: studioli e wunderkammern

    Come anticipato nell’articolo “Prime tracce di collezionismo e allestimenti nel Medioevo e Preumanesimo, gli umanisti amplificano il modello di comportamento adottato da Petrarca che esaltava la vita solitaria e dava un valore importante e simbolico al collezionismo rinascimentale e agli studioli.


    Francesco Petrarca nello studio, anonimo, ultimo quarto del sec. XIV, Padova, Sala dei Giganti

    Come ampiamente testimoniato sia a livello artistico che letterario, gli intellettuali spesso si raccoglievano in ambienti chiusi che in Italia vennero chiamati studioli che univano passate funzioni di archivio e scriptorium dell’età classica, della camera del tesoro medioevale, di tebaidi e celle conventuali. 


    San Girolamo nello studio, Antonello da Messina, olio su tavola di tiglio, 1474-1475,
    Londra, National Gallery

    Se inizialmente lo studiolo era uno spazio introspettivo della mente e della memoria, divenne poi un luogo riservato alla raccolta di strumenti di studio e di piccoli oggetti d’arte, fino a diventare un museo privato, gabinetto antiquario o naturalistico esposizione e godimento di opere preziose e significanti. 


    L’armadietto delle curiosità, Domenico Remps, 1690, Firenze, Opificio delle Pietre Dure (wunderkammern)

    Lo studiolo è una creazione premeditata, tipicamente italiana, quasi inesistente all’estero.

    Differisce sia da collezioni enciclopediche che da wunderkammern (letteralmente camere delle meraviglie) che mediante significativi reperti naturali e artificiali intendevano ricostruire un’immagine ideale e riassuntiva dell’universo.

    Nello studiolo gli oggetti della collezione sono frutto di scelte esclusive del singolo, inserite in una cornice ideale e legati da dipendenza semantica e concettuale.

    Il filo conduttore che porta alla scelta degli oggetti dà forma e connotazione anche alla decorazione dell’ambiente.

    Il rapporto fra committente, programma iconografico e oggetti esposti si realizza con una decorazione difficilmente decifrabile, dal significato criptico per altri visitatori.

    Nel corso del 1400, lo studiolo subisce una trasposizione di valori, da quelli monastico-cristiani a quelli umanistico-mondani, diventando indice del prestigio culturale e sociale nonché l’emblema delle virtù morali e del gusto del proprietario. 

    Nelle fonti viene indicato anche come camerino, scrittoio, antiquario ed è identificabile a volte addirittura con un solo mobile-contenitore per pezzi preziosi di piccole dimensioni, con altri oggetti disposti su pareti e scansie.

    Bisogna però fare un distinguo tra studioli di corte e studioli privati. 


    Studiolo, intarsio attribuito a Giuliano e Benedetto da Maiano, 1473-1476, Urbino, Palazzo Ducale

    Quelli di corte hanno un alto valore simbolico nel programma iconografico dell’ambiente che si lega fortemente al committente.

    Mediante la disposizione e la scelta degli oggetti si tenta anche di creare un rapporto e una gerarchia tra i diversi ambiti del sapere.

    Questa tendenza non esiste negli studioli degli umanisti in cui non c’è decorazione che funga da legame tra oggetti e proprietario proponendo, invece, di esaltarne virtù di varia natura.


    Ritratto del Museo Ferrante Imperato a Napoli (Dell’historia naturale di Ferrante Imperato, Venezia 1672)

    In conclusione, tra 1400 e 1500, possiamo evidenziare un cambiamento d’atteggiamento culturale che si riflette anche sulle decorazioni: da un sostrato etico ed umanistico (quattrocentesco) diventa più libero e paganeggiante (cinquecentesco).