La nascita di grandi fabbriche di arredi tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo ha segnato la diffusione su larga scala di una produzione di qualità e rappresentato la risposta per un vasto pubblico borghese e alto borghese alla ricerca di elementi rappresentativi di un gusto e di una cultura allora imperanti.
Belgio, Francia, Germania sono solo alcuni dei palcoscenici dove questo nuovo gusto prende forma e aumenta la propria portata per arrivare poi anche in Italia e trovare nelle città di Milano, Torino, Firenze, Lucca, Palermo i suoi principali centri di produzione e diffusione.
E’ in questo scenario che figure imprenditoriali come Carlo e Piero Zen riescono a trovare il meritato successo che ancora oggi godono grazie alla produzione di arredi della loro manifattura.
La ditta Zen è documentata fin dal 1881 con la sua partecipazione all’Esposizione di Milano.
Nel 1902 è presente all’Esposizione di Torino con arredi caratterizzati da uno stile elegante ed armonioso.
Nel 1906 partecipa all’Esposizione Internazionale di Milano allestendo quasi venti ambienti con arredi di propria produzione.
E’ in questa occasione che per l’arredamento del salone centrale dello stand Carlo Zen convoca illustri artisti dell’epoca: Galileo Chini (1873 – 1956) per le decorazioni, Giuseppe Sommaruga (1867 – 1917) per il disegno dei mobili, Alessandro Mazzucotelli (1865 – 1938) per le parti in ferro lavorato.
Carlo Zen (1851-1918) avviò un’importante azienda, la Fabbrica Italiana di Mobili (così denominata a partire dal 1905), che arrivò a contare ben duecento operai attivi nella produzione di mobili di gusto eclettico, con evidenti richiami ed ispirazioni a modelli internazionali, arrivando ad interpretare in modo del tutto autonomo il gusto Liberty con una produzione fortemente personale ed apprezzata dall’ampia clientela dell’alta borghesia italiana.
Intarsi in bronzo e madreperla ne diventeranno elementi distintivi, tratti che continueranno anche nella seconda fase dell’azienda, quella guidata da Piero Zen (1879-1850), disegnatore, ebanista ed intarsiatore che sposterà la produzione nella nuova sede di via Stelvio a Milano (come evidenziato nell’etichetta distintiva posta sui mobili prodotti).
A differenza del padre Piero si distinguerà per una maggiore razionalizzazione delle forme e una semplificazione degli ornati.
Arredi di sua produzione sono oggi conservati in importanti collezioni private e pubbliche, come il salottino oggi all’Accademia Tadini, Museo dell’Ottocento di Lovere (Bergamo) composto da credenza, quattro sedie, poltrona, divanetto, tavolino da the, sgabello, fioriera.