“Il vetro è una creatura notturna.
Cova per lunghe ore, e mentre la luna ammanta d’argento i tetti e i canali di Murano la fiamma nei forni arde sempre più calda, più viva, più brillante, fino a fondere nei crogioli quell’ammasso informe di sabbia e cocci di vetro e farlo diventare una pasta incandescente pronta a sottomettersi al volere delle mani sapienti del maestro”.
Chi dice Murano, dice vetro.
L’affascinante storia del vetro di Murano nasce, se così si può dire, nel 1291, quando la repubblica Serenissima decise, con un editto promulgato dal Doge Tiepolo, che tutte le fornaci presenti a Venezia fossero trasferite nell’isola.
Questa decisione, che si rivelò ben presto essenziale per gli abitanti dell’isola di Murano, fu presa poichè i forni dei laboratori veneziani erano la causa principale degli inciendi che molto spesso divampano nella città, allora costruita per la maggior parte di legno.
A stabilire lo spostamento delle fornaci però, non fu solamente l’esigenza di prevenire gli incendi, ma anche l’intenzione di proteggere meglio i segreti della lavorazione del vetro controllando i maestri vetrai.
All’epoca, infatti, erano molte le potenze straniere che volevano far concorrenza al vetro veneziano, ma non padroneggiavano le tecniche di lavorazione dei maestri muranesi.
Motivo per cui i maestri vetrai erano una categoria sorvegliata e protetta e non potevano espatriare e portare con sè i segreti del vetro.
I documenti che permettono di ricostruire l’atività dei maestri vetrai muranesi del XIII e del XIV secolo forniscono anche utili indicazioni sulle materie prime e sui processi realizzati per ottenere il vetro.
Il primo riferimento alle materie prime utilizzate risale ad un decreto del Maggior Consiglio del 1285 con il quale si proibiva di esportare vetro, sabbia, allume o qualsiasi altro materiale necessario per realizzare il vetro.
Secondo la storia i primi a scoprire il vetro sono stati i Fenici.
Nell’opera “Naturalis Historia“ di Plinio si narrà che il vetro venne casualmente scoperto qualche millennio prima della nascita di Cristo da un gruppo di mercanti fenici ormeggiati lungo le rive sabbiose dell’odierno fiume siriano Nahr-Halù.
Questi avrebbero acceso un fuoco sulla spiaggia utilizzando dei pani di natron (soda naturale costituira prevalentemente da carbonato sodico) che, mescolata alla sabbia e per effetto del calore diede origine al vetro.
Materie prime del vetro
La soda è stata quindi fin dall’antichità il fondente principale utilizzato per produrre il vetro.
Una volta veniva estratta dalle ceneri sodiche di piante del litorale mediterraneo, oggi viene invece realizzata quasi esclusivamente tramite processi chimici.
Ma la materia prima più importante per produrre il vetro, il vetrificante, è la sabbia silicea di cava.
Un tempo veniva ricavata anche da ciottoli quarzosi di fiume polverizzati, oggi per la fabbricazione del vetro di Murano vengono utilizzati due tipi di sabbia: una proveniente dalle cave di Fontainbleau, in Francia e un altro tipo proveniente da Pola, in Croazia.
La prima è più pura e quindi, dopo averla lavorata, da origine a un vetro trasparente, la seconda, invece, è ricca in ferro e da origine a un vetro tendente al verde.
Altro materiale necessario per la produzione del vetro è lo stabilizzante, generalmente calce, sotto forma di carbonato di calcio o più semplicemente calcare.
Esso viene definito stabilizzante perchè oltre ad abbassare la temperatura di fusione della miscela vetrificabile, aumenta la resistenza chimica del vetro, rendendolo più resistente all’umidità atmosferica e riducendo i fenomeni di opacizzazione superficiale del vetro.
E’ facile capire che il vetro destinato a diventare una finestra per un’abitazione debba avere avere caratteristiche completamentre diverse da quelle che un maestro vetraio darà a un oggetto artistico.
Al vetro di Murano non è richiesto di essere particolarmente resistente, ma di essere più malleabile, di fondere più facilmente e avere un intervallo di lavorazione più lungo: dev’essere maggiore il tempo in cui la pasta incandescente rimane fusa e lavorabile e per questo motivo è un vetro caratterizzato da una forte presenza di soda.
Il vetro industriale invece è costituito da meno soda e più calcio, che conferisce al vetro più resistenza.
Per produrre una bottiglia industriale bastano solo pochi secondi, mentre per realizzare un bicchiere lavorato a mano sono necessari anche venti-trenta minuti.
La tecnica di lavorazione in fornace richiede periodici ritorni nel forno per rendere il vetro nuovamente malleabile.
L’alto tasso di soda rende quindi il vetro morbido e non secco.
La miscela vetrificabile tradizionale è quindi composta da un vetrificante, la sabbia silicea, per il 60-65%, un fondente, la soda, per un 20-25%, da uno stabilizzante, il calcare, per il 10-15% e da altre materie prime utilizzate in minori quantità.
Tra queste vi sono gli affinanti, che aggiunti in piccole quantità alla miscela vetrificabile facilitano la fuoriuscita delle bolle dal vetro fuso migliorandone la qualità; gli opacizzanti impiegati in particolari lavorazioni per ridurre o eliminare la trasparenza del vetro; i coloranti ovvero ossidi metallici che permettono di dare la colorazione al vetro e i decoloranti utilizzati per neutralizzare eventuali colorazioni verdastre dovute all’alta presenza di ossido di ferro tra le materie prime.
Tra le materie prime viene annoverato anche il “cotizzo”.
Esso è il risultato del vetro fuso estratto dai crogioli e lasciato raffreddare in conche d’acqua, che durante il processo di raffreddamento si contrae e si spezza in grossi pezzi.
Il cotizzo, come rottame di vetro, viene spesso riusato per abbassare la temperatura di fusione della miscela vetrificabile.
I colori del vetro
Il più antico uso del vetro, che non è mai venuto meno fino ai giorni nostri, è quello dell’imitazione delle pietre naturali ed è per questo motivo che i colori sono definiti con i nomi delle pietre preziose: non rosso ma rubino, non marrone ma ambra, non verde ma smeraldo, non trasparente ma cristallo.
Come già detto in precedenza i colori si ottengono aggiungendo ossidi metallici alla miscela vetrificabile e agiscono nella fase di fusione determinando la colorazione del vetro.
Alcuni esempi sono:
- l’ossido di rame rameico utilizzato per produrre la tonalità verde acquamarina
- l’ossido di rame rameoso per produrre il rosso,
- l’ossido di cobalto per produrre il blu
- la combinazione dell’ossido di ferro con l’ossido di cromo per produrre il verde
- il biossido di manganese, è fondamentale per ottenere tonalità diverse dal lilla al nero, il quale in realtà è il cosiddetto ametista, un viola così scuro da apparire quasi nero.
- il ferro per produrre il marrone
- l’antimonio per produrre il giallo
I colori giallo, arancio e rosso sono colori difficili da gestire poichè la colorazione è generata da particelle microscopiche che si separano dal vetro fuso durante il raffreddamento e rimangono disperse nel vetro.
Il rosso rubino è uno dei colori più ricercati, ma al tempo stesso più costosi.
Per realizzare il rubino, infatti, dev’essere aggiunto alla miscela oro puro a 24 carati e fonderlo con dell’acido, per poi amalgamarlo alla composizione.
I vetri opachi colorati si ottengono con le stesse modalità dei vetri trasparenti colorati, impiegando come vetro di base un vetro opale bianco.
Nel prossimo articolo che potete trovare QUI andremo ad analizzare il processo di fabbricazione del vetro di Murano.
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