Mentre si attende un degno riconoscimento pubblico nella sua Venezia d’adozione, un vento di riscoperta soffia su Raoul Schultz, pseudonimo di Raoul Brandinelli, artista di origine greca ma profondamente legato alla città lagunare.
Un catalogo completo ed esaustivo, curato dall’attento critico Stefano Cecchetto in occasione della mostra dell’estate 2015 al Museo del Paesaggio di Torre di Mosto, ha gettato nuova luce sulla breve ma intensissima avventura creativa di questo artista visionario, attivo nella Venezia degli anni Cinquanta fino all’inizio degli anni Settanta tra Pop-Art e Innovazione.
Schultz, per chi lo conobbe, lasciò un segno profondo.
Il catalogo documenta la sua evoluzione linguistica, dalle iniziali Figure, Fiori e Paesaggi di matrice espressionista, passando per i Fumetti (che Cecchetto preferisce definire illustrazioni), fino alle Prospettive curve della fine degli anni Cinquanta.
Seguono le Nuove Strutture, dove il segno astratto ritrova una rinnovata consistenza percettiva.
Particolarmente singolari sono i suoi lunghi rotoli di “Pittura a metro” (circa 6 metri per 60 centimetri), concepiti con uno spirito dissacratorio verso le logiche di mercato.
Artista poliedrico e sperimentatore
Ma la poliedrica attività di Schultz non si ferma qui.
Vanno segnalati i suoi contatti con il mondo del cinema, in particolare per le apprezzate scenografie del film di Tinto Brass del 1963, “Chi lavora è perduto”.
E poi i suoi celebri Calendari: splendidi collage sul fluire del tempo, nei quali, secondo le poetiche del Nouveau Réalisme, la realtà oggettuale stessa evidenzia i propri valori estetici.
In quegli stessi anni, fu vicino al mondo del fumetto, stringendo amicizia con Hugo Pratt e altri disegnatori attivi attorno alla rivista “L’Asso di Picche”.
Il percorso artistico di Schultz prosegue con i Pentagrammi e i Progetti: dai Disegni Leonardeschi, che esprimono la sua utopia di un mondo più armonico e in continuo mutamento, fino alle Toponomastiche, con la ripresa pittorica dei caratteristici «nizioleti» veneziani.
Un percorso frenetico, interrotto prematuramente dalla morte a soli quarant’anni.
Nonostante la sua breve vita, Schultz si rivela un grande artista e innovatore, assolutamente da riscoprire.
Come scrive Stefano Cecchetto, Schultz, con il suo straordinario talento nel rinnovare i temi e i soggetti del suo poliedrico linguaggio espressivo, esplora le diverse correnti innovative della scena italiana e internazionale degli anni Cinquanta e Sessanta, divenendo al contempo precursore di alcuni movimenti e scuole di pensiero che animeranno in seguito il panorama contemporaneo di quegli anni.
La sua carriera artistica mosse i primi passi partecipando alle mostre collettive dell’Opera Bevilacqua La Masa negli anni Cinquanta, presentando opere figurative dedicate alla rappresentazione delle architetture veneziane.
Proprio in questo periodo si colloca la sua profonda amicizia con Tancredi, con il quale condivise lo studio a Palazzo Carminati, un momento cruciale per entrambi nella felice scoperta di un proprio segno originale.
La mostra di Ca’ Pesaro
A testimonianza della rinnovata attenzione verso questo importante artista, la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro a Venezia dedica a Raoul Schultz una significativa mostra antologica intitolata “Raoul Schultz. Opere 1953-1970”, visitabile dal 22 marzo all’8 giugno 2025.
Curata da Stefano Cecchetto ed Elisabetta Barisoni, l’esposizione presenta un corpus di oltre cinquanta lavori, provenienti sia dalle collezioni civiche della Galleria Internazionale d’Arte Moderna, sia da importanti raccolte private, tra cui l’estesa collezione di Daniele Tiozzo e della quale nel 2008 ho avuto il piacere di curare il primo catalogo monografico.

Questa importante mostra si propone di illustrare l’intero percorso creativo dell’artista in una sequenza cronologica che mette in relazione i diversi temi e le differenti esperienze di Schultz.
Il percorso espositivo prende avvio proprio dai lavori presentati nelle prime partecipazioni alle mostre collettive dell’Opera Bevilacqua La Masa negli anni Cinquanta, con opere figurative dedicate alle architetture veneziane, per poi giungere alle esperienze più mature delle Prospettive curve e delle Nuove strutture dei primi anni Sessanta.
L’accenno agli esordi nel contesto dell’Opera Bevilacqua La Masa inserisce la sua produzione nell’ambito culturale del secondo dopoguerra, un periodo particolarmente vivace per le arti figurative a Venezia e Mestre.
La mostra documenta anche la fase concettuale dell’artista, dedicata all’indagine sul tempo e sulla memoria attraverso le celebri serie dei Calendari, delle Lettere anonime, dei Progetti leonardeschi e delle Toponomastiche.
Un omaggio ad un grande artista e alla Venezia del suo tempo
Visitare questa esposizione rappresenta un’occasione imperdibile per immergersi nell’universo creativo di un artista che ha saputo anticipare le tendenze e lasciare un segno indelebile nel panorama artistico veneziano e italiano del suo tempo.
L’iniziativa si configura come un intervento di valorizzazione e un omaggio alla vivace scena culturale veneziana degli anni Cinquanta e Sessanta, un periodo ricco di contraddizioni e suggestioni uniche, capace ancora oggi di dialogare con i giovani autori contemporanei.