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Le colonne di Piazza San Marco e il mistero della terza colonna scomparsa

    Piazza San Marco, conosciuta come il “Salotto d’Europa”, è il cuore pulsante di Venezia.

    Questa iconica piazza è famosa per i suoi monumenti maestosi, le affascinanti architetture e la sua storia millenaria.

    Tra le tante attrazioni che adornano la piazza, le colonne di Piazza San Marco sono delle vere e proprie testimonianze del passato e delle curiosità che circondano questo luogo unico al mondo.

    Le colonne rappresentano i due santi di Venezia: San Marco Evangelista nelle sembianze del Leone alato a simboleggiare la Serenissima e San Todaro, primo protettore della città.

    L’origine delle due colonne è molto controversa e non tutti sanno che si ritiene che fosse presente anche una terza colonna tra quella con il leone di San Marco e quella di San Tòdaro che andò dispsersa in mare durante le operazioni di trasbordo.

    In questo articolo, esploreremo le colonne di Piazza San Marco e sveleremo alcune delle loro affascinanti curiosità storiche.

    La colonna di San Marco

    La Colonna di San Marco raffigura un leone alato dalla folta e possente criniera mentre spalanca le proprie fauci.

    Situata all’estremità orientale della piazza è simbolo di San Marco, dall’862 santo patrono e simbolo della città e della Serenissima. 

    Si tratta di una scultura bronzea, possibilmente in origine una chimera, a cui vennero successivamente aggiunte le ali per darle le sembianze di un leone alato

    Il Leone venne esposto come bottino di guerra da Napoleone nella Place des Invalides di Parigi, per poi far ritorno a Venezia nel 1815.

    L’opera venne rimossa durante la seconda guerra mondiale e fu poi riposizionata il 25 aprile 1991, giorno della festa di San Marco.

    La colonna di San Todaro

    All’estremità occidentale di Piazza San Marco, a fianco della Libreria Marciana, si erge invece la Colonna di San Teodoro (Tòdaro per i veneziani), primo protettore di Venezia, raffigurato nell’atto di uccidere un drago.

    San Teodoro era un soldato di origine bizantina.

    La lotta tra il santo e il mostro è una rappresentazione gradita all’immaginario mitologico della Serenissima.

    La scultura è una copia dell’originale che è esposta all’ingresso di Palazzo Ducale.

    Sul basamento della statua si riconoscono i mestieri del pescivendolo che offre il pescato contenuto in un cesto di vimini, accanto al fabbro intento a colpire un’incudine con il martello alzato. 

    Un particolare interessante è che la statua di San Teodoro è orientata verso la Basilica di San Marco, mentre la statua di San Marco guarda nella direzione opposta.

    Si dice che questa disposizione sia un simbolo della protezione di San Marco nei confronti della città di Venezia.

    Il mistero della terza colonna scomparsa

    Oltre alla colonna con il leone alato e a quella di San Tòdaro c’era una terza colonna, finita nello sbarco in fondo al mare.

    La storia narra che verso la fine del 1172 le galere entrarono nel bacino di San Marco in ritorno dalla guerra, e come per ogni arrivo di navi importanti, la piazza era colma di veneziani che si affollavano sulla piazzetta in attesa delle imbarcazioni partite anni prima per la guerra.

    In quella sera di settembre del 1172 le navi della Repubblica Serenissima tornarono dalla Seconda Crociata con molti feriti e poca gloria.

    Il capitano Jacopo Orseolo Falier guidava le operazioni di attracco.

    Nonostante la disfatta militare era tranquillo e soddisfatto perchè aveva portato un dono dal valore unico al doge Sebastiano Zani.

    Insieme alle preziose spezie e ai pregiati tessuti da portare ai mercanti, il capitano aveva imbarcato a Costantinopoli tre imponenti colonne di grantio orientale rosa e grigio dove su ognuna aveva fatto realizzare un simbolo della città di Venezia.

    La prima raffigura San Teodoro, il primo santo protettore della città; la seconda rappresentava una chimera, un animale mitologico al quale pensò poi di far aggiungere due ali, per farla assomigliare al leone alato simbolo di San Marco; ed infine una figura maestosa con il corno ducale in testa.

    Neanche il capitano della nave sapeva dove fosse stata scolpita quella chimera ma quando la vide al mercato di Costantinopoli se ne innamorò: era almente simile al leone alato di San Marco che pensò che una volta eretta la colonna nessuno avrebbe notato la differenza.

    San Teodoro, invece era esattamente lui, raffigurato nell’atto di uccidere un drago.

    La terza statua, invece, ricordava un doge, ma in realtà non era altro che un ufficiale bizantino con un copricapo assomigliante al corno ducale.

    Il capitano era consapevole che quelle tre colonne una volta erette sarebbe state viste da lontano e sarebbero diventate l’emblema di Venezia.

    Jacopo Orseolo Falier, ritenne quindi che nonostante la sconfitta alle Crociate questo regalo alla città gli avrebbero valso una rivincita agli occhi del Doge e del Consiglio dei Dieci.

    Ma il destino vollè che durante le operazioni di trasbordo delle tre colonne qualcosa non funzionò e la colonna con la statua del doge si staccò dai supporti e finì in fondo al mare.

    Tra la frustrazione e le lacrime si presentò il problema di erigere le restanti colonne una volta sbarcate dalla nave.

    Si procedette con estrema cautela e il doge in persona ordinò che le colonne venissero trattate con la massima cura.

    Le colonne rimasero a lungo distese a terra.

    Fu l’ingegnere Niccolò Baratteri che ebbe l’intuizione di bagnare le corde utilizzate come tiranti per poi lasciarle asciugare, in modo che asciugandosi le corde si tesero e si riuscisse nell’operazione di erigere le colonne.

    Per gratitudine gli venne concessa l’esclusiva del gioco d’azzardo da effettuarsi ai piedi delle due colonne.

    Le due colonne diventarono negli anni il simbolo di Venezia.

    In epoca medievale e rinascimentale spuntarono tra loro diverse botteghe in legno e già dalla metà del XIII secolo lo spazio tra le due colonne venne destinato a luogo delle esecuzioni capitali.

    Tutt’oggi tra i veneziani esiste l’usanza superstiziosa di non attraversare lo spazio tra le colonne.