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Fulvio Roiter, fotografo ufficiale di Venezia 

    Morto il 18 aprile 2016, Fulvio Roiter è stato definito “fotografo ufficiale di Venezia”, lui però si definiva «fotografo di Venezia. È già molto così».

    Fulvio Roiter

    Nato il 1° novembre 1926 a Meolo, in provincia di Venezia, amava la città al punto di dichiarare «quando pensai di essere sul punto di morire nel Mato Grosso, sentivo l’odore della salsedine dei rii lagunari».

    Venezia fu la sua più grande musa ispiratrice, soggetto di ricerca e sfida per mezzo secolo che, ne La Mia Venezia, il suo libro fotografico per antonomasia, definisce «follia dell’ingegno umano […] nata sull’acqua dalla paura».

    Fulvio Roiter Venezia, Gondola dall’alto del Ponte di Rialto, 1953 © Fondazione Fulvio Roiter

    A Meolo mosse i primi passi ma la passione si infiammò in campo San Stino a Venezia dove si spostava quotidianamente per completare gli studi.

    In casa trovò una Billybox molto primitiva ma ai ritiri estivi a Possagno «partivo per il Resegon e le zone del Tempio per far scatti con un’Alfa Isolette di un cappellano».

    Nel ‘46 suo padre gli regalò una Welta e, nello stesso anno, la Gazzetta Veneziana indisse un concorso a cui decise di partecipare con una foto della grata di cinta ghiacciata dell’orto della Chiesa di Meolo.

    Lo scatto si rivelò un successo e lo portò a volere un confronto con chi aveva la stessa passione: «Per assurdo, nella latrina di casa, trovai la pagina de Il Gazzettino che annunciava la nascita del circolo fotografico La Gondola vicino al Ponte de La Paglia».

    Lì conobbe Paolo Monti che considerò da subito un padre putativo. 

    Al circolo La Gondola portò i primi lavori: stampe 7×10 che faceva sviluppare in un negozio di ottica e fotografia in Lista di Spagna che però non considerava di buona qualità.

    Inoltre, trovava orribile l’abitudine dello sviluppatore di creare una bordura zigrinata attorno all’immagine stampata.

    Il fastidio finì quando Gino Bolognini gli insegnò a stampare e grazie al quale sviluppò in formato 30×40 anche scatti precedenti al loro incontro.

    Nonostante l’insaziabile desiderio di fotografare Venezia ed ogni suo particolare, Roiter stava sviluppando una passione anche per i reportage di viaggio dove la foto unita alla narrazione creavano un connubio potente che apprezzava in particolare nel fotogiornalismo tedesco.

    Gradualmente, si rese conto che amava cercare l’essenziale e che veniva sempre più influenzato dai fotografi del Fotoform, in particolare, Hammarskjold coi suoi toni marcati, essenziali e precisi. 

    Fulvio Roiter. Senza titolo (mestoli)

    Questa presa di coscienza lo portò ad intraprendere un percorso di studio più articolato: «Al ponte dei Dai, c’era un negozio di fotografia di armeni che ricevevano il bollettino delle novità della Guilde du Livre di Losanna che stampava in maniera proverbiale libri di fotografia. 

    Davano chance anche a fotografi sconosciuti, così chiesi a mio padre un’ultima possibilità per andare in Sicilia».

    Il padre lo assecondò e Roiter fotografò l’isola in lungo e in largo, decidendo poi d’inviare alcune foto di quel viaggio a Losanna.

    Gli risposero chiedendogli di usare per un libro di racconti alcune foto scattate a dei bimbi siciliani.
    Questo fece nascere una loro collaborazione per cui Roiter propose Venezia. 

    Il 1954 vide la pubblicazione di Venise a fleur d’eau dove presentava un modo nuovo di vedere Venezia: tutto era stato carpito in funzione della luce, dalle persone al vivere sull’acqua. 

    L’anno successivo fu quello della sua consacrazione internazionale con il Premio Nadar grazie al quale venne pubblicato il libro sull’Umbria Ombrie. Terre de Saint Françoise.

    Fu molto apprezzato anche il reportage sull’Andalusia del 1956 dove sperimentò per la prima volta il colore. 

    Fulvio Roiter. Norcia, 1955

    Ogni successo era un impulso a spingersi oltre.

    Ma vedere altre terre serviva a ricaricare le pile e tornare a Venezia con occhi nuovi: nonostante i viaggi, nuovi soggetti e nuove sperimentazioni, Venezia continuava ad essere il cuore pulsante della sua attività artistica.

    La passione per il veneziano lo portava ad osservare gli scatti di altri fotografi del territorio, in particolare «Zannier come storico e ricercatore della fotografia di cui però non condivido alcune scelte stravaganti nell’osservare lavori altrui e il mestrino Beppi Bruno. I suoi bianco e nero di Venezia e Colli Euganei lo facevano essere uno dei pochi: tutti gli altri imitavano».

    Roiter fece in tempo a vedere la nascita e lo sviluppo della fotografia digitale che lui riteneva dovesse essere praticata solo da fotografi con molta dimestichezza nel cogliere quello che lui definiva “momento magico”.

    Secondo la sua visione, scattare e vedere subito il risultato non permette di avere la tensione necessaria al miglioramento del saper cogliere.

    «Spero di vivere abbastanza per vedere quanto ancora la tecnica fotografica verrà semplificata».

    Fulvio Roiter, Sicilia, Sulla strada Gela, Niscemi, 1953